“Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”
Santo Stefano Belbo, siamo a pochi chilometro da Alba, nel cuore pulsante delle Langhe, è qui che nel 1908 nasce Cesare Pavese, uno dei più grandi poeti ed intellettuali del novecento. Leggendo Pavese si entra profondamente in questa straordinaria terra, ricca di vini potenti e longevi, Barolo, Barbaresco ma anche di frizzanti e festone bollicine, basti pensare all’Asti Spumante o agli straordinari metodi classici dell’ Alta Langa Docg. Siamo all’interno di una regione ricca di tradizione contadina ma anche di una storia fatta da innovazione tecnologica, movimenti culturali, di austerità regale ma anche di gioia di vita. Per buona parte del 1800 e la metà del 1900 il Piemonte ha rappresentato la qualità e la potenzialità del vino italiano e soprattutto la valorizzazione della grande cucina italiana (sabauda) in ambito internazionale.
Può accadere che se leggete Pavese e poi andate nelle Langhe o nell’Astigiano vi sembra di esserci già stati, l’intensità del calore umano in un romanzo come la Luna ed i Falò trasmette pulsioni ed emozioni ma anche descrizioni accurate, parla di tradizione, territorio esprima le profonde armonie che questa regione mostra agli occhi dei suoi visitatori.
I piemontesi sono così, come la loro terra, a volte chiusa, quasi malinconica ma che occorre conoscere in profondità: è così, allora che tutto appare in una grandezza unica ed è proprio qui che si può scoprire che sorseggiare un Nebbiolo, dove la piacevolezza e la forza si uniscono, genera momenti di vita irripetibili.
Alba non è solo grandissimi vini e cucina straordinaria ma è anche un simbolo universale del tartufo bianco pregiato (Magnatum Pico): i piemontesi sono riusciti a trasformare una tradizione culturale e gastronomica in un brand unico ed irripetibile, il Tartufo bianco di Alba. È un esempio in cui la creatività di un popolo è perfezionata nel lavoro di gruppo e dove tutti lavorano per un unico obiettivo: la valorizzazione ed il benessere del territorio. E qui, oltre che di creatività non si può non parlare di “maturità culturale“. Non dimentichiamo mai che valorizzare una produzione tipica ed il turismo, genera PIL ed incrementa la qualità della vita.
Nel 1563 i Savoia si spostano da Chambery a Torino ma basano ancora la loro tradizione culturale in Francia. Nei primi anni del 1700 nacque e si sviluppò la cucina piemontese, I cuochi piemontesi adattarono le ricette parigine ai sapori e ai prodotti locali. Nel corso dell’Ottocento il Piemonte svolse sempre di più il ruolo di sintesi tra Italia e Francia in campo gastronomico, divenendo un vero vivaio di cuochi tra i più famosi del mondo. Casa Savoia migliorerà questi elementi creando un vero e proprio stile culinario , la Cucina Sabauda. Sarà proprio in questo contesto che si andranno ad utilizzare i grandi vini territoriali in abbinamento al cibo. La valorizzazione di questa cucina porterà
con se questi vini che acquisiranno fama nel mercato mondiale. È così che il mondo inizierà a conoscere il Vermouth, consumato come aperitivo, e sino al 1950 i caffè di Torino offrivano il “bicerin”, storica bevanda calda e analcolica che si consumava la mattina, prima di mezzogiorno. Si dice che il Piemonte ha tutte le tipologie di vino e non vi è un piatto tipico che “manchi“ di abbinamento. Alcune preparazioni culinarie (soprattutto in pasticceria sono ancora oggi un simbolo assoluto, pasti pensare all’unione del cioccolato con le nocciole, il gianduia, da provare a temperatura ambiente insieme ad un Loazzolo passito, oppure allo Zabaione, inventato a Torino dal frate francescano Pasquale Baylòn, da cui prende il nome: da servire un pò freddo insieme ad una coppa di brioso moscato d’Asti .
L’eleganza della cucina delle langhe è rappresentata con espressioni fini e femminili nei piatti che coinvolgono il bianco pregiato, con i suoi profumi intensi e complessi ma sottili e inimitabili. Un tagliolino all’uovo (Tajarin) con burro di malga e un Grana Padano di media stagionatura solubilizza gli aromi di questo tartufo che appena lamellato trasforma una semplice preparazione in un piatto meraviglioso che diventa assolutamente perfetto!
Lo si degusta con una Favorita DOC od uno stupendo metodo classico a Pinot Nero Alta langa Docg, è così che la vita ci sorride e ci dona l’amore nelle pure emozioni.
La pasta ripiena ci porta in un mondo di infinite creazioni, ma restiamo nella storia per provare gli Agnolotti di Casa Reale in poco brodo e conditi con porcini cresciuti nei boschi del Roero, un trionfo di aromi e ricchezze gustative . il vino sarà un giovane Arneis bianco DOP con buon corpo per avvolgere a sé il piatto e intensità aromatica per accompagnarne gli infiniti aromi.
I piatti a base di bue che danno luogo ai brasati conditi con i loro roux bruni, cremosi e intensi trionfano negli abbinamenti con il Barolo ed il Barbaresco, è qui che è possibile degustareil mito, poiché con questi vini si degusta la storia e si assapora un’Italia piena di qualità. La co-presenza di due grandi rossi che si “combattono” la gloria sulle rive del Tanaro è un elemento straordinario: l’uno, il Barolo potente e regale, magnifico esempio di come l’uva nebbiolo possa dar luogo a miracoli, ha bisogno solo di tempo, è così che darà armonia e finezza; ’altro, il Barbaresco è l’esempio di una grazia ed eleganza che può essere degustata anche da giovane ma il tempo anche qui lo trasformerà in un “puro mantello di velluto“.
Piemonte vuol dire anche “grande bollito misto“ dove le carni di diversi animali sono accompagnate da verdure e salse salate e dolci (mostarde), piatti difficili da abbinare in contesti didattici ma l’abbiamo detto, questa regione ha tutto ciò che gli serve per valorizzare ogni sua creazione: una vivace Barbera del
Monferrato trasformerà una buona cena in un simposio pieno di emozioni e che dire nel riscoprire una Freisa Frizzante? Questa è una terra piena di sorprese e di bellezza
Quanti vigneti, ma quante foreste coprono il territorio e la storia morfologica di questa regione: la selvaggina rappresenta un’altra grande ricchezza: si scoprono piatti stupendi, una lepre in civet che si accompagna con un Gattinara Docg, splendida interpretazione territoriale del nebbiolo nella zona Vercellese: il Piemonte è anche qui e mostra ancora la sua grandezza . C’è un vino presente in diverse Denominazioni chiamato Dolcetto, che si badi bene è secco (e ricco di tannino) consumato dalla notte dei tempi dal vignaiolo del basso Piemonte ma
provatelo in una bella interpretazione di un cinghiale in bianco stufato con le mele: è così che tutto diventa nobile, bellissimo, significa ottenere l’armonia e la tolleranza anche quando ci sembra quasi impossibile
Torino, già capitale d’Italia è la mente della profonda cultura regionale con i suoi caffè storici e le sue cioccolaterie. Nel raccontarla vi è spesso una traccia romantica quasi sfumata, la sua architettura e le sue piazze sfiorano l’identità di una quasi
– città imperiale, eppure è la citta simbolo della tecnologia industriale italiana da una parte e della storia del movimento operaio dall’altra. Essa rappresenta un valore che va oltre l’identità nazionale ed è comunque la capitale di un mondo ancora vivo e pulsante che ha infinite potenzialità
Alba è però un simbolo universale nell’enogastronomia della regione , sembra quasi la città perfetta per tutto questo , un altro grande scrittore piemontese, Beppe Fenoglio, nella “Malora“ ce ne parla così :
“…a ogni svolta m’aspettavo di veder Alba distesa sotto i miei occhi come una carta tutta colorata (…) quando si voleva parlare di città , e chi non n’aveva mai viste e voleva figurarsene una cercava di figurarsi Alba”